Il nuovo disco del giovane sassofonista e compositore nolano Attilio Sepe inizia con un brano apparentemente fuori contesto per un disco di jazz. “Pure imagination” è una canzone inclusa nella soundtrack del film del 1971 “Willy Wonka e la fabbrica del cioccolato” cantata dall’attore Gene Wilder e ripresa in tempi recenti dall’idolatrato Timothèe Chalamet nel prequel del 2023. Ma niente paura, bastano poche note della rilettura per capire che “Spellbound” è pienamente in sintonia con la tradizione e l’attualità della musica afroamericana oltrechè eloquente riprova della qualità espressa nel genere dai giovani musicisti italiani .
Però, come diceva Peppe Servillo all’inizio dei concerti degli Avion Travel, prima la buona creanza, e quindi le presentazioni. Studi musicali fin dall’infanzia con Raffaele Minale e Giulio Martino, prosecuzione presso il “Conservatorio Cimarosa” per la formazione classica e quindi jazz con Antonio Solimene e Maurizio Giammarco, Attlio Sepe si è specializzato in sassofono alla Siena Jazz University dove ha studiato a fianco di Giovanni Falzone, Alfonso Santimone, Ettore Fioravanti, Roberto Spadoni, Ralph Alessi e Dan Kinzelman. Ha maturato esperienze in Belgio con il quartetto che compare quasi per intero sul disco ed in Italia con gli «Young Shouts» di Silvia Bolognesi e con Maurizio Giammarco.
In veste di bandleader e compositore ha pubblicato due volumi dedicati alla scena eurojazz contemporanea («Nomads», «Héritage Normand») ed il più recente “Kaili” con Riccardo Gola al contrabbasso e Giovanni Nardiello alla batteria, ospite Ralph Alessi alla cornetta.
In “Spellbound” pubblicato dall’etichetta WoW Records e registrato con il quartetto composto da Marco Marcelletti al pianoforte, Emanuel Van Mieghem al contrabbasso e Gabriel Moraes alla batteria, il focus è però sulle forme tradizionali del jazz, be bop ed hard bop, una scelta che può sorprendere per un giovane musicista, ma che pare il veicolo ideale per le capacità interpretative di Sepe, sintesi di tecnica e sentimento non frequente da riscontrare.
Un poker di riletture dalla storia del jazz composto da “Cheryl “di Charlie Parker , “Along Came Betty” e “”Stablemates” di Benny Golson, “What’s New” di Art Pepper, indica con precisione le coordinate entro le quali il quartetto si muove e consente di apprezzare il piglio deciso e la precisione espressiva con i quali Sepe traccia i confini tematici, per poi ampliarne gli spazi in un dialogo ricco di stimoli con i compagni, in particolare con il pianoforte inventivo e versatile di Marcelletti, vero alter ego del sax alto del leader.
La scaletta comprende anche, oltre alla cover di un altro standard come “September in the rain” divisa fra rigore formale e libertà improvvisativa e con una sezione finale ad alta temperatura, alcune composizioni originali, del tutto in tema con il tono generale del disco. “Courtesy” subito dopo il magnetico tema del sax, apre lo spazio ad un lungo ed articolato solo del contrabbasso, per proseguire su un mid tempo swingante che supporta lo scambio di assoli e di ruoli fra piano e del sax . “Your memory” è una ballad adagiata su una dolce altalena ritmica che si increspa nel suo svolgimento grazie agli interventi solisti dei due strumenti, mentre la title track esplora in profondità e, nel suo sviluppo, scardina la dimensione intima ed estatica introdotta dal pianoforte e sviluppata dal contemplativo tema del sax. “Vanquish souls” conclude il disco con un passo dinamico e swingante che diventa vetrina per i soli di tutti i musicisti, con menzione per la serie di breaks di Moraes.
Ancora una volta , come capitato in passato con Francesco Cafiso e Paolo Recchia, il sax alto di un giovane musicista italiano sembra colmo di belle sorprese e legittima succulente aspettative.