Colgo al volo le suggestioni evocate dalla cronaca del concerto in solo torinese di Vijay Iver, accuratamente confezionata dall’amico Milton, e dal conseguente mini dibattito sviuppato fra i lettori sul profilo di tdj circa le doti pianistiche di Iver, per tornare sulla più recente uscita del nostro, in coppia con Wadada Leo Smith, a seguire il primo volume della collaborazione “A Cosmic Rhythm with Each Stroke” risalente al 2016 e pubblicato come il presente dall’etichetta di Manfred Eicher. “Defiant life” è un’opera totalmente astratta, ma il suo pregio è quello di rendere accessibile, alla portata di tutti gli ascoltatori, il codice comunicativo instaurato fra i due musicisti: come un quadro o una scultura di arte contemporanea di cui riusciamo a cogliere senza fatica il significato, l’intento, e, pur filtrato dalla personale sensibilità e cultura, possiamo condividerlo. Iver la definisce, nelle note di copertina, un’ “estetica di necessità“, ovvero il dono di sapere cosa si deve fare e perchè, e spiega come il processo abbia preso forma attraverso almeno un ventennio di collaborazioni con il compositore e trombettista statunitense.
Il lavoro è il risultato di due giorni di single takes in uno studio di Lugano nel Luglio 2024, preceduti dall’usuale confronto del tutto a-musicale fra i due protagonisti sullo stato del mondo, confrontando visioni sulla situazione socio politica presente, alla luce delle conoscenze ed esperienze del passato. Una visione inevitabilmente condizionata dal dolore ed il lutto per le vicende mondiali del recente periodo, ma graziata dalla fiducia nelle possibilità dell’essere umano e dal potere salvifico degli artisti e della musica.
“Prelude/Survival” apre il viaggio nel modo meno accessibile, con un grumo sonoro aggrovigliato intorno alla rugosa pronuncia della tromba ed il piano a creare sfondi catacombali.
“Sumud“” è un viaggio fra le stelle e la terra attraversato da scie elettroniche in continua alternanza fra tendenza all’ascesi e ritorno alla dimensione umana, rappresentato dalle fughe della tromba presto ricondotte ad aggregati di note materiche e dal background del piano elettrico di Iver che crea suggestive cortine cosmiche entro il percorso di una sequenza iterativa.
Un’atmosfera di sospensione permea il primo dei due brani scritti, a firma di Wadada, “Floating river” un requiem dedicato al primo Presidente della Repubblica Democratica del Congo Patrice Lumumba, assassinato pochi mesi dopo l’elezione in seguito ad un colpo di stato militare ordito nel quadro geopolitico mondiale dei primi anni sessanta del novecento: in evidenza il contrasto fra i ruoli dei due strumenti, dove al piano di Iver spetta la squadratura di ostinati blocchi ritmici, ed alla tromba di Smith lo scavo di un percorso alla ricerca della dimensione lirica.
“Elegy:The pilgrimage“, dopo un’ introduzione affidata alla sola tromba sordinata, acquista, con l’ingresso del pianoforte e dei veli elettronici, un andamento circolare, evocativo di onde che si accavallano una sull’altra, mentre il piano e la tromba sempre acerbamente lirica si scambiano i ruoli nella dinamica solista/supporto per giungere ad un equilibrio nella narrativa sezione finale.
“Kite” è il secondo brano composto con notazioni, questa volta a firma di Iver, una dedica a Refaat Alareer , la seconda figura di “defiant person”, ovvero colui per il quale senso della vita e prese di posizione coincidono: era un poeta ed attivista palestinese che il 6 dicembre 2023 perse la vita insieme a suo fratello, sua sorella e i suoi tre figli in un attacco aereo israeliano mirato nel nord di Gaza. Il piano elettrico qui delinea scenari sognanti per i tragitti della tromba orientati verso alte vette e spesso interrotti da brusche e repentine virate verso il basso.
“Procession “;Defiant life” tocca abissali punti di rarefazione e concentrazione nel suo esteso svolgimento, configurandosi come lenta, progressiva accumulazione di frammenti in vista del finale che registra un deciso innalzamento della tensione sublimato dal dialogo fra i due strumenti.
Lontano dal jazz, lontano dalla famosa estetica ECM, “Defiant life” occupa un posto a sè nel panorama musicale contemporaneo: musica che si fa arte per proporre una riflessione sulla attuale condizione umana .