NOAH PREMINGER – Ballads (Chill Tone) Supporti disponibili: CD

L’etichetta newyorkese Chill Tone Records mette a catalogo l’ultima fatica di Noah Preminger, 38enne sax tenore di Brooklyn dalla discografia ormai corposa che conta più di venti titoli come leader finora pubblicati con label indipendenti di tutto rilievo, come Criss Cross e SteepleChase, in pratica il meglio che si possa trovare in Europa.
Dando un’occhiata al sito della Chill Tone si vedono cosucce piuttosto leggere, con playlist leggermente imbarazzanti tipo “French Cafè” o “Jazz for Sleep” o “Rainy Day Jazz”, confezionate per un pubblico che vuole un jazz di sottofondo nel proprio locale preferito o nel proprio appartamentino agghindato per una cenetta a due, ed è curioso vedere come se la cava un musicista integerrimo, o quasi, come Preminger, in questo consesso che sembra prediligere il jazz più epidermico, o funzionale, diciamo ecc.ecc.
Il quartetto stabile che Noah manda in sala di registrazione ha già calcato le scene dal vivo piuttosto a lungo, è mutato rispetto ai dischi europei ed è completato da tre musicisti newyorkesi della stessa generazione, ovvero il pianista Julian Shore, il bassista Kim Cass ed il batterista Allan Mednard. Sono passati più di 60 anni dall’omonimo “Ballads” di Coltrane per Impulse, capolavoro di standards che il sommo quartetto incise in un pomeriggio del 1961, ed il tenore di Preminger guarda un po’ in quella direzione, sebbene con un approccio più soft, con un lavoro nel quale sono compresi anche quattro nuovi brani del sassofonista. Com’è purtroppo prevedibile possiamo dimenticare a questo giro il jazz avventuroso e di ricerca di “After Life”, “The Dank” o “Sky Continuos” che non disdegnava forme libere e cangianti, cambiamenti improvvisi e squarci di verità esoterica in bilico tra gusto dark e potenza di esposizione, con “Ballads” facciamo la conoscenza col suo lato decisamente più morbido e carico d’intima dolcezza, ma in verità depotenziato rispetto al suo solito range espressivo, scelta speriamo non determinata per finire nelle già citate, temibili playlist della Chill Tone.
In tema di grandi balladeurs ecco che il disco si apre alla grande, con la rilettura di “Stan’s Mood”, gemma dimenticata dal repertorio di Stan Getz, e si chiude con il celeberrimo tema di Gershwin “Someone To Watch Over Me”. Il quartetto si muove con precisione e limpida compattezza, l’ipnotica “Carry my Ohio”, primo singolo estratto, è una moderna ninna nanna consolatoria che potrebbe durare ore e portarci sorridenti come poppanti tra le braccia di Morfeo, gli altri originals “Democracy” e “Unfair World” a dispetto del titolo non hanno assolutamente nulla di scopertamente politico, c’è magari una vena dolente nel fraseggio, quella si, ma s’intravedono più che altro cieli tersi e nuvolette soffici, il metronomo detta un tempo bassissimo, Preminger suona con classe ed in alcuni ispirati momenti evoca anche l’ombra di Dexter Gordon e ancor di più quella di George Garzone, maestro e mentore del sassofonista, insieme a Dave Liebman.
Gli interventi pianistici, misurati e stilosi di Julian Shore, così come il drumming di Mednard, aggiungono un certo peso specifico ad ogni brano, m chissà cosa sarebbe successo se ci fossero stati un John Patitucci e un Billy Hart, che il Nostro ha frequentato a lungo, a scompigliare le carte….di fatto la ritmica si muove flessuosa e mantiene l’atmosfera dell’album che vuole essere omogenea dalla prima all’ultima nota. E allora luci soffuse, relax, un calice di champagne, ballads de core e così sia.
Che altro dire, speriamo che la strada impolverata richiami quanto prima il buon Noah a fare quello che sa e può fare al suo meglio, dando il massimo sul filo del rasoio fino all’ultima stilla di sudore, questo curioso episodio un po’ alla Johnny Sax prendiamolo come un dolce-ma-più-che-altro amaro Unicum nella sua discografia.