Ogni pubblicazione di un nuovo volume della serie Piano Music del pianista Alessandro Sgobbio coincide, casualmente, con un momento di personale riflessione sulle vicende umane, propiziato da eventi esterni, siano accadimenti quotidiani, rapporti intercorsi con altre persone, letture o visioni. Stavolta, all’alba dell’uscita del Vol.3 (Amp music) delle meditazioni per pianoforte (il Fazioli F278 protagonista anche dei precedenti episodi) e live electronics del musicista italiano trapiantato in Francia, mi è capitato di assistere alla proiezione di “Nonostante” il secondo film dell’attore Valerio Mastandrea, qui anche nel ruolo di regista. Si tratta di una storia che, dall’osservazione delle banali giornate di un personaggio che passa le giornate fra le camere di un ospedale e la città, assume ben presto un significato metafisico, proponendosi l’esplorazione del limite fra la vita e la morte, ed affrontando temi esistenziali con i quali ogni essere umano deve fare i conti. L’egoismo rassicurante della routine ospedaliera, l’assurdo rammarico per chi esce dalla stanza perché ha aperto gli occhi, ma non ricorderà nulla del tempo passato in quel luogo, l’amore che scombina ogni “piano”, la volontà di lasciare un segno che non sia cancellato dal vento in grado di spazzare via le vite. Per una strana consonanza emotiva, le otto tracce di “Piano music vol.3” mi paiono una colonna sonora ideale, ed alternativa a quella reale del film, per sottolineare il mondo dei personaggi “nonostante”.
Ho preso alla lettera la proposta dell’autore che, come nelle altre raccolte, ha inteso ogni brano come un breve diario di viaggio, una dedica ad una persona o un luogo, “nel quale il compositore e l’ascoltatore possono incontrarsi, meditare, coesistere e scrivere assieme una storia sempre nuova“. Ed ho affiancato alle note del diario di Sgobbio, alcune scene del film evocate dall’ascolto dei singoli brani, scusandomi fin d’ora con chi non ha visto il film e potrà solo parzialmente partecipare al “gioco”.
“De Dei Dono“, ispirato a una formula votiva utilizzata dalle antiche comunità ebraiche e cristiane per ringraziare la divinità per un miracolo o un evento positivo avvenuto nelle loro vite (vedi il mosaico visibile ancora oggi presso la Basilica di Aquileia),. Il brano vive sul confine fra controllo e caos, con il tema ripetuto dal pianoforte messo in costante discussione da una spirale di voci e suoni elettronici.
Corpi ed anime dei degenti trascorrono le giornate immersi in una routine che mescola disperata rassegnazione, rassicurante gestualità, cinica osservazione della realtà, il tempo come unico parametro di esistenza.
“Red Gold” è il primo di tre brani influenzati dalle notizie quotidiane di bombardamenti, massacri e fame imposti alla popolazione palestinese di Gaza:è un omaggio alle piantagioni di fragole di Gaza – tradizionalmente chiamate dalla popolazione della città “Oro Rosso” – oggi totalmente annientate dai bombardamenti. Il pianoforte intesse solitario una melodia evocativa che si chiude nel buio di note gravi.
Fra corpi immobili e parenti che parlano loro invano.
“Echoes” (dedicato ai giovani Razan Al-Najjar, Mahasen Al-Khatib & Sha’ban Al-Dalou, brutalmenti uccisi a Gaza, dal 2018 al 2024, per mano dei cecchini o in seguito ai bombardamenti dell’IDF) . Le meditative note del pianoforte sono avvolte n un involucro sintetico che gradualmente assume veste predominante.
Quando si avvicina la dipartita di qualcuno, si alza un vento da cui le anime devono ripararsi aggrappandosi alla vita.
“Dogs on 5th Avenue”, dedicata ad una persona molto importante nella vita dell’autore, è anche un invito a celebrare i molteplici, meravigliosi e inattesi momenti nella nostra vita quotidiana, grazie ai quali possiamo rinsaldare un legame personale con la natura e con le energie positive che ci circondano. Un arioso tema ricco di risonanze lascia spazio al ribollire di suoni ed alle finali sciabolate di luce.
C’è una strana gita in pullman, uno scontro che diventa incontro, un capo appoggiato ad una spalla sulla via del ritorno, l’amore fra chi non pensava di potere amare.
“Dawns” è dedicato alla città UNESCO di Tiro, gravemente distrutta dai bombardamenti nel 2024. Una miniatura ritmico armonica che sullo sfumare lascia intravedere uno sviluppo negato.
“Veils” è ispirata ai significati del velo (simbolo biblico di protezione dalla luminosa Luce di Dio; segno spirituale che tende a nascondere/proteggere alcuni aspetti della verità e della divinità), ma è anche un omaggio all’iconica e visionaria azienda di sintetizzatori modulari “Mutable Instruments” di Émilie Gillet. Un concitato ed iterativo pianoforte afferra l’estremità di una spirale elettronica che prosegue il proprio moto in una dialettica cangiante con le note, fra corse e pause, a costruire un complesso affresco sonoro sul quale si addensano spesse nuvole elettroniche.
La descrizione delle fasi di un amore: ci sono visite in spiaggia, un bagno vestiti in piscina, ma la notizia che tutto fra poco finirà, che il ricordo, anche quello , sarà negato.
“Forte Rocca” personalissima interpretazione di Sgobbio del famoso inno “Ein feste Burg ist unser Gott” (composto da Martin Lutero nel 1529), ricca di suoni percussivi e miniature generate da frammenti del tema originale.
La lotta contro il vento che porterà via tutto per raggiungere l’unica speranza di fare vivere il ricordo di ciò che è stato, contro ogni possibilità.
“Alang” prende il nome dall’omonimo porto indiano – considerato il più grande cimitero di navi al mondo: una postilla meditativa che vuole ricordarci come molti “comfort” tipici delle nostre società privilegiate presentino enormi costi e un impatto ecologico, economico e umano che è spesso pagato dalle comunità meno privilegiate. Una barcollante macchina elettronica procede con passo lento alternato alla melodiosa voce del pianoforte.
In un ristorante due sconosciuti uniti da un appuntamento al quale nessuno dei due saprà dare spiegazione, se non partendo dalla fine.
Il disco come tutti i volumi precedenti è dedicato alla memoria e al talento del compositore e pianista Misha Alperin – una figura fondamentale per la crescita artistica,spirituale e personale di Alessandro Sgobbio, ed importantissimo mentore durante i suoi studi presso la Norges Musikkhøgskole di Oslo in Norvegia.
Oltre che un’opera di poesia in musica, il disco rappresenta un momento di rilievo nel percorso di approccio al materiale elettronico, che Sgobbio descrive quale ricerca di estensione timbrica del pianoforte. Un utilizzo definito di tipo “tattile”, in certe circostanze, coscientemente “empirico”, tale da determinare con un minimo intervento su una manopola o un pulsante un cambiamento di scenari, percorsi,timbri e durate . “Apprezzo molto anche l’irripetibilità di questi risultati sonori, sempre unici ad ogni concerto o seduta di registrazione. Ho deliberatamente scelto di evitare il ricorso a computer portatili in modo da potermi concentrare sullo sviluppo di una mia muscolatura “gestuale” scevra da menu-diving, schermi a cristalli liquidi, mouse, trackpads. Mi piace l’idea che questo dialogo tra pianoforte ed elettronica resti fresco, flessibile, e che continui a sorprendermi ogni volta.“
“Piano music 3″riesce a sorprendere e fare meditare anche noi in ascolto.